
Per restare in tema, quasi uno scoop storico, sul sito http://www.ugis.it si poteva leggere questa interessantissima nota storica:
Al tenpo de tremuoti
descrizione di un sisma di oltre cinque secoli fa, di G.B.
“Al tenpo de tremuoti”. Comincia così il commento a questa Tavoletta di Biccherna. I terremoti cui fa riferimento sono quelli avvenuti in Siena ai primi di gennaio del 1466. Furono di una discreta intensità, se i campanili delle chiese oscillarono al punto da far rintoccare le campane. Addirittura, narra un cronista, oscillò anche la Torre del Mangia, la torre del palazzo pubblico, e si udirono i rintocchi di “Sunto”, cioè del “campanone” di bronzo del peso di alcune tonnellate, situato alla sommità.
Il territorio della provincia di Siena presenta alcune caratteristiche particolari. Una zona è di origine vulcanica; un’altra presenta caratteristiche carsiche. C’è addirittura un torrente, lo Staggia, che si ingrotta e riaffiora più volte. Insomma un territorio ideale per l’attività sismica. Per fortuna che la città è poggiata su un immenso banco di tufo che fa da ammortizzatore. I terremoti di Siena, fanno un gran rumore – dicono in città – perché il sottosuolo è pieno di gallerie naturali che fanno da amplificatore sonoro – ma pochi danni. Al massimo cade qualche comignolo. Ma quella volta non fu così. Scrive un cronista dell’epoca “…cominciarono i tremuoti in Siena, e seguitando, ognuno faceva gli alloggiamenti per le piazze. E durarono tanto li detti tremuoti che per li disagi si colse molte infermità, e morirono molte persone da bene”.
Perché accade spesso che gli sciami sismici durino diverse settimane e che il sisma abbia una dinamica da manuale: scossa di avvertimento, scossa principale, svariate repliche di parì intensità. Infine, un numero infinito di scosse di assestamento. Anche se a Siena è tradizione non aver paura dei terremoti, perché non fanno gran danno, quando parte uno sciame che si protrae un po’ troppo nel tempo, la gente finisce per avere i nervi a fior di pelle. Non c’è da stupirsi se in quel lontano 1466, i senesi offrirono le chiavi della città alla Madonna del Voto, un’immagine sacra conservata nella cattedrale, alla quale la città è dedicata.
Non resta che dire che le “Tavolette di Biccherna “, conservate presso l’Archivio di Stato di Siena, altro non sono che le copertine in legno dei libri delle entrate, delle uscite e delle gabelle della Repubblica di Siena. Come nei moderni settimanali in rotocalco, su queste copertine in legno, era raffigurato, con un dipinto ad olio, il fatto principale avvenuto nello stato senese durante l’anno. Spesso le tavolette venivano commissione ad artisti di una certa notorietà, come Ambrogio Lorenzetti, Taddeo di Bartolo, Sano di Pietro, Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta, Domenico Beccafumi. Quella che riproduciano è di Francesco di Giorgio Martini, un pittore non molto noto, (spesso confuso con il più autorevole Simone Martini, vissuto oltre un secolo prima) che si impose per quel suo stile schematico e lineare che sembra imitare il Lorenzetti del “Buon governo”.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Read Full Post »