

Foto 1: Dott.ssa Patrizia Vezzosi illustra il progetto
Apre i lavori il Vicepresidente della Sezione Senese di Italia Nostra Daniele Parenti, che porge i saluti della Presidente Lucilla Tozzi. Ricorda che l’Associazione Nazionale e’ nata nel 1956, per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale della Nazione. La sezione di Siena e’ nata nello stesso 1956 ed ha contribuito al buon governo del territorio senese, anche intervenendo contro gli scempi ambientali che ha duramente combattuto. La sezione conta oltre cento soci già iscritti nel corrente anno.
Prende la Parola Patrizia Vezzosi, responsabile regionale de “le Vie dei Medici“, che illustra la storia e il contenuto di questo importante progetto destinato a superare i confini della Regione Toscana per diventare Nazionale e Sovranazionale.
Di seguito prende la parola la vicepresidente della Pro Loco , Giulia Gandolfi, che contribuisce, con un approfondimento alla conoscenza della storia di Colle Val d’ Elsa.
Segue l’ intervento dell’esperto di fortificazioni militari Domenico Taddei, cattedratico dell’ Università di Firenze, il quale traccia il quadro dell’ evoluzione delle fortificazioni, che seguono la evoluzione delle armi da fuoco, il cosiddetto periodo di transizione. Mostra numerose illustrazioni e racconta particolari delle vita dei protagonisti dell’ epoca.
Segue l’ intervento dello storico senese Giuliano Catoni, che mette in evidenza come le divisioni interne abbiano indebolito la resistenza della Repubblica senese e quanto sia stata disperata la resistenza di Siena all’assedio di Cosimo dei Medici.
Conclude i lavori Laura Comi, consigliere della sezione senese di Italia Nostra e referente del progetto, Comi afferma che nel periodo storico nel quale la famiglia dei Medici ha vissuto, Firenze, e poi la Toscana, sono state le protagoniste di una rivoluzione culturale e scientifica che ha determinato il progresso del mondo occidentale, anteponendo il metodo sperimentale e la misura d’uomo alla rigida imposizione dei pronunciamenti ” ex cathedra” degli “ipse dixit”. Una seconda volta la Toscana si e’ imposta in Europa come portatrice di valori morali e di buon governo, con il Granduca Pietro Leopoldo di Lorena, che, primo in Europa, abolì il Tribunale dell’ Inquisizione, la pena di morte, propose uno Stato laico e costituzionale, volle la Sanità Pubblica ( un esempio e’ il Palazzo San Lorenzo) l’ educazione dei giovani e delle ragazze (le scuole Leopoldine) l’ istruzione del popolo con l’apertura di musei e biblioteche.
Il Catasto leopoldino e’ ancora alla base della proprietà Toscana.Sono riforme antecedenti la rivoluzione francese.
Ore 13 – Chiusura dei lavori
Ore 13,30 – Pausa pranzo.

Foto 2: In primo piano la cosigliera Comi ed il vicepresidente di Italia Nostra Daniele Parenti

Foto 3: Professor Catoni e Signora, il Professor Taddei e la Dottressa Comi

Ore 15 – Sotto una leggera pioggia, visita guidata dal Prof. Taddei alla Porta Nova, fortificazione dell’architetto Francione del tempo di Lorenzo il Magnifico.



Ore 17 – Conclusione del Convegno.
A seguire gli interventi dei Sigg. Relatori.
Proloco, intervento della vice presidente Giulia Gandolfi
Cronistoria delle antiche mura di Colle.
Le notizie certe sulla data della loro costruzione risalgono al Duecento con lo scopo di mettere in siurezza il territorio e gli abitanti dalle sanguinose lotte tra guelfi e ghibellini. In seguito durante l’assedio delle truppe aragonesi del Duca di Calabria nel 1479 parte delle mura e delle case vennero abbattute e il vicino Borgo di Santa Caterina dato alle fiamme dai colligiani stessi per difendersi dal nemico. Poiché già dalla metà del ‘300 i fiorentini avevano posto il territorio di Colle sotto la loro protezione, finita la guerra, nel 1481 finanziarono in parte la ricostruzione delle mura e delle case. La ricostruzione non fu fedele alla condizione originarie ma prese connotazioni rinascimentali. A testimonianza di questo sono rimasti il bastione circolare sorto al posto della porta dei Frati e la splendida Porta Nuova, sorta al posto della Porta di Selvapiana, fulgidi esempi di architettura militare rinascimentale, oltre agli interventi di edilizia civile e ai numerosi stemmi medicei presenti in città. In conseguenza a quanto evidenziato si può inserire a pieno diritto il territorio di Colle di Val d’Elsa nel contesto delle ‘Vie dei Medici’.
Intervento del Professor Architetto Domenico Taddei :
Cosimo I e l’architettura “fortificata alla “moderna”
Il Prof. Taddei introduce la figura del granduca Cosimo I che è stato il promotore di quasi tutte le fortificazioni della seconda metà del ‘500 presenti in Toscana. Dopo alcune note interessanti sulla vita di Cosimo e su quella di sua moglie, Eleonora di Toledo, uniti d’amore vero, il Professore Taddei ha presentato le immagini di alcune “fortificazioni alla moderna” nelle quali viene descritta “la posizione delle artiglierie in una fortezza, inserite nella gola a cielo aperto, nascoste dall’orecchione traditore del bastione” attribuita all’iniziativa di Cosimo I. Di queste ricorda: Portoferraio (Cosmopoli), Grosseto, Siena, San Piero a Sieve, Sasso di Simone, Pistoia, Livorno e la famosa “città ideale” di Terra del Sole (Eliopoli) nella Romagna fiorentina.
Preliminarmente si sofferma sulla nascita e perfezionamento della nuova tecnica fortificatoria, analizzando il periodo cosiddetto di “transizione”, un’epoca di forte trasformazione e sperimentazione. In generale esso si estende dalla metà del XV secolo (caduta di Costantinopoli 1451-1453) fino all’assedio di Firenze del 1530 o meglio ancora fino alla costruzione della Fortezza da Basso a Firenze nel 1534. È detta epoca di “Transizione”, in quanto con l’avvento delle artiglierie, con l’uso del “tiro teso” delle armi e con l’inizio della fase di sperimentazione del “fronte bastionato”, ci troviamo in un momento di passaggio tra il sistema di difesa/offesa “piombante e ficcante” e quello di “radenza”, giunto quasi fino ai nostri giorni, che si svilupperà in infinite variazioni nel rapporto tra l’architettura (forma) e le armi (funzione). Per ragioni politico-economico-egemoniche, anche in Toscana e in particolar modo a seguito della politica di espansione di Firenze, si svilupparono importanti “botteghe” con personaggi che tra le numerose specializzazioni si occuparono anche di architettura fortificata. A Firenze la bottega di Francesco di Giovanni di Matteo detto il Francione “legnaiolo”, iniziò a costruire insieme a numerosi allievi (Antonio e Giuliano da Sangallo, Luca del Caprina, i fratelli da Maiano, Baccio Pontelli) la Rocca di Volterra (successivamente alla guerra dell’allume del 1476) e le mura di Colle Val d’Elsa con la “porta del sale”. Nel ducato d’Urbino il provveditore dei “bottini” di Siena, Francesco di Giorgio Martini, costruì per Federico da Montefeltro numerosissime rocche, scrivendo contemporaneamente il suo famoso trattato sull’architettura fortificata. Anche Leonardo da Vinci si occupò di architettura fortificata, per non citare Luciano Laurana attivo con la costruzione di grandiose fortificazioni ad Urbino (palazzo Ducale) e nelle Marche (Senigallia).
Questo straordinario periodo della “transizione” coinciderà, anche, al di sopra di innumerevoli avvenimenti, al periodo storico-culturale chiamato della “civiltà dell’umanesimo” e in seguito a quella detta della “civiltà del rinascimento”.
A questo periodo appartiene dunque anche la più notevole fortificazione di Colle, la Porta Salis o Nuova: Andò invece nell’anno seguente (1479) insieme con Paolo di Francesco, col Francione e col La Cecca come maestro d’ascia, e non come bombardiere, a fortificare Colle della Valdelsa (Vasari – Milanesi, Le Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Vol. IV, Sansoni, Firenze, 1906, pag. 270) come viene descritto in un documento della vita di Giuliano da Sangallo.
La Porta Volterrana o del sale o porta nuova inserita nel perimetro fortificato di Colle Val d’Elsa è forse la prima opera fortificata –insieme alla ristrutturazione del perimetro della città oggi in parte scomparso- attribuita a Francesco di Giovanni di Matteo detto il Francione a seguito della congiura dell’aprile del 1478 a Firenze che diede inizio al cambiamento della politica interna della Repubblica per la sicurezza dei confini da parte di Lorenzo de’ Medici.
L’apparato fortificato della porta, anche se in parte rovinato, è costituito da due torrioni rotondi con coronamento a sporgere in beccatelli per il camminamento di ronda ai lati della cortina del perimetro fortificato della città tra i quali viene inserita simmetricamente la porta di accesso (con ponte levatoio e fossato) d’infilata con la strada che arriva da Volterra.
Al di sopra dell’aspetto formale, veramente di eleganti proporzioni, e funzionale con l’inserimento delle archibugiere tra le rotondità del puntone e la cortina (troniere interne a cielo coperto) in doppio ordine per i tiri di radenza a difesa della porta; nella porta Volterrana di Colle abbiamo un misto tra il sistema antico della difesa piombante (anche se dalle forme non squadrate): coronamento a sporgere in beccatelli, porta in mezzo alla cortina e d’infilata verso la strada d’accesso e l’inserimento degli apparati per le artiglierie che porta questo famoso esempio di architettura fortificata proprio nel periodo di transizione verso la cultura operativa (tra vecchio sistema e nuovo) del fronte fortificato con agli spigoli puntoni tondi.
È interessante notare la presenza di Giuliano da Sangallo come maestro d’ascia (carpentiere) in questa opera allogata alla bottega del maestro Francione, perché in seguito proprio il Sangallo avrà una diversa visione di come risolvere i vari problemi di inserimento all’interno delle “muraglie” delle artiglierie applicando la difesa di radenza con fronte poligonale (a cuore” o “spezzate”) e accentuando la gola nel traditore del puntone per il posizionamento delle artiglierie (Brolio, Poggio Imperiale a Poggibonsi, Sansepolcro, poi Nettuno) e aprirà un diverso modo di progettare e di costruire il sistema del fronte bastionato per la difesa radente.
Nel dare le spiegazioni di questo nuovo sistema di progettare e costruire le fortificazioni – alla moderna – di scuola italiana, in funzione delle più sofisticate e micidiali artiglierie inserite nelle murature di perimetro, il Prof. Taddei ha poi fatto riferimento, (influenzata da queste fortificazioni) all’architettura fortificata di “scuola olandese”, con gli esempi di Bourtange e di Naarden, che insieme a quella francese, spagnola e inglese, sono state ispirate proprio nel corso del ‘600 dall’architettura fortificata italiana.
Intervento del Professor Catoni
“SIENA NELL’ETA’ di COSIMO”
“Nel 1561 un ambasciatore veneto , giunto in Toscana, scrive al suo governo che “le pazzie dei Sanesi li hanno condotti in servitù”. In effetti le interne lotte per il potere – scatenate dai cinque gruppi ereditari di governo chiamati Monti (Gentiluomini, Nove, Dodici, Riformatori e Popolo), formatisi tra la fine del XII e il XIV secolo – contribuirono, nella lacerante congiuntura europea della metà del XVI secolo, alla sconfitta dell’antica repubblica.
Con l’uccisione di Alessandro Bichi, capo dei Nove, il 6 aprile 1525 per mano dei “Libertini”, legati al Monte dei Popolo, Siena diventa un campo di battaglia d’un gioco politico assai complesso, che sfocia nella decisione del papa Clemente VII Medici di assalire Siena nel 1526 per riportare al governo i Nove. Ma i Senesi sconfiggono i papalini a Camollia e solo più tardi i Noveschi convincono l’imperatore Carlo V a farli rientrare in città. Nel 1536 Carlo V viene accolto in città al grido di “Imperio, Imperio !” L’anno seguente Alessandro de’ Medici viene ucciso dal cugino Lorenzino e Cosimo prende il potere.
A Siena nel dicembre 1541 si tenta una riforma: prima di tutto abolire i Monti, poi proibire di portare armi e vietare ritrovi e “veglie”. Si emanano anche “leggi suntuarie” per eliminare , almeno in pubblico, gli “sfoggi” delle donne, ovvero vesti troppo ricche delle signore. Ci si lamenta per una dura carestia e qualche anno dopo , nel 1547, giunge a Siena il Luogotenente imperiale don Diego de Mendoza., che fa costruire una fortezza per confermare con essa il protettorato asburgico sulla città. Divenuto questo protettorato sempre più oppressivo, i Senesi si rivolgono al re di Francia Enrico II e cercano di distruggere la fortezza al grido di “Francia, Francia, libertà, libertà !”
Falliti i tentativi di una revisione costituzionale per abolire i Monti, Enrico II manda a Siena Piero Strozzi, esule antimediceo, il cui padre era stato fatto morire in carcere da Cosimo. Al comando del marchese di Marignano truppe imperiali e fiorentine . giungono sotto le mura di Siena, dove intanto è giunto un coraggioso capitano guascone, Blaise de Monluc, preso poi a modello di Alessandro Dumas per il personaggio di D’Artagnan.
Dei sette libri che compongono i suoi “Commentaires”, il terzo e il quarto sono dedicati all’assedio subito dai Senesi, alla loro resa e alla breve esperienza della repubblica ritirata in Montalcino. Cosciente di aver a che fare con dei “cervelli bizzarri”, Monluc tenta con energico rigore la difesa della città, badando al proprio onore militare, ma non riuscendo ad evitare una sconfitta, dovuta anche all’inadeguata struttura politica di uno Stato come quello senese.
Di fronte al Concistoro, che era stato integrato da dodici Consiglieri del Popolo, sempre tenendo conto degli equilibri fra i Monte, Monluc pronunciò vari discorsi, cercando d’infondere fiducia ai Senesi, con la speranza di ulteriori aiuti da parte del re di Francia. In una di queste occasioni, per non apparire troppo indebolito da una malattia che lo aveva colpito, il capitano guascone racconta di essersi lavato il viso col vino regalatogli dal cardinale d’Armagnac “finchè non si colorò un po’ di rosso”, e commenta: “mi guardai allo specchio. Vi giuro che non mi riconoscevo. Non potei trattenermi dal ridere, perché mi sembrava che improvvisamente Dio mi avesse dato un’altra faccia”. Presa la decisione di resistere ad ogni costo, i Senesi ubbidirono agli ordini di Monluc abbattendo più di cento case per rinforzare le mura urbane. L’entusiasmo con cui si posero all’opera colpì il capitano francese, soprattutto impressionato dalla collaborazione offerta da “un gran numero di gentildonne”.
Molte altre donne però, insieme con vecchi e bambini, dovettero negli stessi giorni lasciare la città perché “bocche inutili”. L’assedio, infatti, aveva ridotto al minimo le riserve di cibo e Monluc ricorda: “avevamo mangiato tutti i cavalli, gli asini, i muli, i gatti e i topi che erano in città”, e quindi si decise di espellere da Siena chi non era atto alle armi. “Bisogna essere crudeli – dice ai governanti senesi che devono preparare le liste dei prescelti – se si vuole avere la meglio sul nemico. Non abbiate timore di disfarvi delle bocche inutili; tappatevi le orecchie alle grida”.
Eppure le “grandissime strida e lamenti” che Alessandro Sozzini udì provenire da fuori la porta Fontebranda la mattina del 6 ottobre 1554 non potevano lasciare indifferenti: Il giorno prima erano stati espulsi “circa duecentocinquanta putti dello Spedale Grande, dalli sei fino alli dieci anni”, accompagnati “da molti uomini e donne della città, che avevano avuto precetto di partire. Più di mezzi – narra il, Sozzini – furono uccisi”.
Così, “vedendo che non c’era più rimedio – annota Monluc – se non quello di mangiarci a vicenda”, viene trattata la resa col marchese di Marignano: i Senesi rinunciano all’alleanza con la Francia, accettano il protettorato imperiale e s’impegnano a stipulare un nuovo patto d’amicizia con Firenze. Oltre mille di loro, però, guidati da alcune potenti famiglie del Monte del Popolo, preferirono abbandonare la città insieme con le truppe francesi, piuttosto che cedere all’esercito nemico. L’obiettivo era quello di raggiungere Piero Strozzi nella cittadella fortificata di Montalcino, poche miglia a sud di Siena, e lì far sopravvivere la libera repubblica. Il 21 aprile 1555 i fuggiaschi giunsero alla meta “ischeletriti – scrive Monluc – e simili a cadaveri”. La disperata resistenza della piccola repubblica, circondata dalle truppe spagnole e fiorentine, si concluse nel 1559 dopo la firma del trattato di Cateau- Cambrésis, che sancì il nuovo assetto europeo.
L’antico Stato senese fu abbandonato dalle residue truppe francesi e fu dato in feudo a Cosimo de’ Medici dal re di Spagna Filippo II. In osservanza del patto di capitolazione firmato da Carlo V nell’aprile 1555, fu rispettato l’impegno di mantenere a Siena le antiche magistrature repubblicane del Capitano del Popolo , della Balìa e del Concistoro e di attribuirne le cariche attraverso l’equa divisione fra i Monti, un sistema rimasto in vigore, con qualche ritocco, fino alla metà del XVIII secolo. Lo spirito delle “maladette factioni de’ Monti”, di cui si lamentava ancora nel 1575 il governatore mediceo Federigo di Montauto perchè ,a suo dire, inquinavano “passioni e interessi” dei Senesi, sopravvisse poi nelle forme ludiche d’una tradizionale corsa di cavalli per la conquista di un drappo dipinto: il Palio.
La contesa relativa vede ancor oggi in campo gli abitanti delle diciassette Contrade, in cui è divisa la città, “dove – osservò Aldo Palazzeschi – i più schietti parlatori d’italiano giocano con tanta grazia alla discordia, astutamente solleticando l’istinto profondo che dorme nell’uomo o sonnecchia. E pensavo – conclude lo scrittore fiorentino – a quando la discordia non era un gioco fra quelle mura, ma vera, insana e insanabile, barbara e spietata”
Intervento della Dott.ssa Laura Comi
“La sezione senese ha avuto qualche esitazione a partecipare al progetto “Le vie dei Medici” perché Cosimo I è diventato Granduca di Toscana proprio a spese della Repubblica di Siena, la quale difese a caro prezzo la sua libertà e il ricordo delle sofferenze causate dall’assedio di Cosimo è ancora vivo nell’animo dei senesi. PRIMATO MORALE E CIVILE DELLA TOSCANA La nostra adesione al progetto , che e’ destinato a divenire nazionale e sovranazionale, non e’ proprio quella di celebrare una dinastia. Noi teniamo invece a ricordare il primato morale e civile che Firenze e la Toscana hanno saputo dare al mondo, un primato di cui e’ stata protagonista prima la città di Firenze, e poi tutta la Toscana . E’ stata una vera e propria rivoluzione culturale nata “dal basso”, che e’ riuscita a influenzare profondamente la civiltà occidentale con la forza delle proprie idee, facendo cadere l’ oscurantismo degli “Ipse dixit” e degli “ex Cathedra“: questi tabù vennero sostituiti con due principali criteri, quello della “misura d’ uomo” e quello del “metodo sperimentale” , aprendo la strada al progresso moderno.
I Medici rappresentano uno dei simboli di questo Rinascimento, in quanto la loro famiglia si e’ affermata in quell’epoca storica. Questo primato morale e civile della Toscana si è rinnovato per la seconda volta per opera di un sovrano diciottenne, Pietro Leopoldo Asburgo Lorena nel 1700, prima della Rivoluzione francese. Di nuovo la Toscana si e’ proposta come modello di modernità su tutte le nazioni europee. Pietro Leopoldo abolì la pena di morte e il Tribunale dell’ Inquisizione, propose uno stato laico e costituzionale, favori l’istruzione del popolo aprendo musei e biblioteche, e curò in particolar modo la istruzione delle ragazze aprendo scuole per loro, le famose ” Leopoldine”. Questi due periodi storici, che hanno reso la Toscana importante agli occhi del mondo, oggi devono esserci di guida e di sprone per costruire il nostro futuro.
Parlerò ora COLLE VAL D’ ELSA al tempo dei Medici.
Colle, glorioso Comune medioevale, nel 1349 firmò l’atto di assoggettamento e di alleanza con Firenze mantenendo però le sue prerogative democratiche.
Dalla seconda metà del ‘400, in particolare dopo la valorosa resistenza dei colligiani in difesa di Firenze durante la guerra seguita alla congiura dei Pazzi -grazie alla quale venne concessa la cittadinanza fiorentina-, i legami tra Firenze e Colle divennero sempre più stretti; e non solo per esigenze di carattere militare, che richiederanno la presenza del valente architetto Francione -alla cui scuola crebbero i fratelli Antonio e Giuliano da Sangallo- per adeguare le fortificazioni alle nuove tecniche di guerra, e che si espliciteranno nella costruzione delle due rondelle a fianco della Porta Nuova , ma anche grazie alla presenza di un ceto sociale, quale la nobiltà imprenditoriale colligiana, dinamico e ambizioso, capace di inserirsi nei più alti ambienti fiorentini, sino a quelli di corte.
É Bartolomeo Scala, cancelliere fiorentino sotto Lorenzo il Magnifico ad aprire la strada, e dopo di lui numerose saranno le famiglie colligiane i cui membri, almeno fino alla prima metà del ‘600, ricopriranno ruoli e cariche di grande importanza dello stato fiorentino. Questo nuovo status, a partire dai primi decenni del ‘500, ha spinto le maggiori famiglie a costruire o ricostruire ex novo le proprie dimore, con ampi palazzi ubicati soprattutto nel terzo di Borgo – una parte del quale era andata completamente distrutta durante l’assedio – e nel terzo di Castello.
Non a caso questa fase di trasformazione urbana prende consistenza con il ritorno dei Medici a Firenze, successivamente alla seconda repubblica fiorentina (1530). Risale probabilmente a questi anni il palazzo in piazza Duomo della famiglia Giusti, un cui membro, Bernardo, era divenuto segretario del cardinale Alessandro dei Medici. Gli attributi formali del palazzo, ricalcanti da vicino quelli di Palazzo Horne del Cronaca, dimostrano quanto l’architettura dei palazzi colligiani fosse – e lo sarà anche in seguito- debitrice dei modelli fiorentini.
A Palazzo Giusti farà seguito a partire dal 1536 il palazzo commissionato da Francesco Campana -che aveva nel frattempo preso il posto di segretario al Giusti suo conterraneo-. Il palazzo, progettato da Giuliano di Baccio d’Agnolo, probabilmente incompleto al piano superiore, con le sue grandi finestre inginocchiate dall’accentuato plasticismo si configura come potente quinta scenografica in corrispondenza dell’accesso al Castello, di cui ne ingloba la porta.
Dovrebbe invece risalire alla metà del secolo – sotto quindi il ducato di Cosimo I- il nuovo assetto di porta Guelfa, in Colle bassa: un magnifico inserimento urbanistico, con la costruzione, sui 4 angoli del quadrivio, dei palazzi Beltramini, Sabolini, Tommasi e Palazzuoli, dalle facciate omogenee, mentre la medioevale Porta Guelfa rimane parte integrante della nuova costruzione. Anche queste famiglie vantavano forti legami con l’ambiente fiorentino: è ad esempio Mariotto Beltramini intorno al 1518 a contattare Antonio da Sangallo il Vecchio per la ricostruzione della chiesa di S. Agostino (gravemente danneggiata dall’assedio di Colle) e sempre lui incarica Ridolfo del Ghirlandaio per la pala d’altare nella cappella di famiglia detenuta nella stessa chiesa. Anche i Sabolini daranno l’incarico ad Antonio da Sangallo il Vecchio per la costruzione della chiesa di Santa Maria delle Nevi a Fabbricciano.
Per quanto riguarda il ridisegno dell’immagine urbana da parte della nobiltà colligiana, la vera svolta si ha nell’ultima decade del secolo, in concomitanza con l’elevazione di Colle a sede vescovile; il terzo di Castello e quello del borgo di S. Caterina vedranno infatti la nascita, tramite la riorganizzazione del preesistente tessuto medievale, di numerosi palazzi signorili, che, affacciati sul verde delle valli circostanti, sembrano quasi inglobare, nelle vedute dagli atrii o dalle stanze, il dolce paesaggio delle colline toscane. Tra i più interessanti per i caratteri stilistici e formali, il palazzo Renieri- Portigiani, oggi sede del Comune, e il palazzo Luci poi Salvetti, entrambi caratterizzati da un bel bugnato rustico di ascendenza ammannatiana che va ad incorniciare portali di ingresso, finestre e fasce laterali.
Decisive appaiono le commissioni edilizie della famiglia Usimbardi, i cui 5 fratelli trovano nel primogenito Pietro la via per guadagnare importati e prestigiosi incarichi sia in ambito civile che religioso. Pietro infatti viene precocemente affiancato a Bernardo Giusti nella segreteria del cardinale Ferdinando dei Medici, fino a prenderne successivamente il posto come primo segretario del granduca; una volta nominato vescovo di Arezzo, Pietro coopterà presso la corte medicea il fratello Lorenzo, mentre lo stretto legame con il fratello Usimbardo, spostatosi anch’egli a Firenze, frutterà a quest’ultimo la nomina a primo vescovo della neonata diocesi di Colle (1592).
Appena eletto vescovo, Usimbardo si adopera per il ridisegno di piazza Duomo, con il progetto della nuova cattedrale sul luogo dell’antica pieve di S. Salvatore e del palazzo vescovile che amplia e riconverte gli immobili di famiglia. Ai primi del ‘600, Pietro Usimbardi intraprende la costruzione del monastero femminile di San Pietro, a cui farà seguito, intorno agli anni trenta del ‘600, grazie al lascito testamentario dell’ultimo dei 5 fratelli, Fulvio, il nuovo Ospedale di San Lorenzo, posto dirimpetto al san Pietro; con quest’opera gli Usimbardi vanno a riconfigurare completamente l’importante area posta a ridosso della porta per Volterra, mentre già alla fine del ‘500 il fratello Fulvio aveva provveduto a celebrare le glorie della famiglia con un grande palazzo posto poco distante.
Nella costruzione dei propri palazzi di famiglia, non pochi sono gli esponenti colligiani coinvolti a vario titolo nella progettazione e esecuzione dell’opera: ad esempio Bernardino Renieri, secondo alcune fonti autore del palazzo in Piazza Duomo, e Fulvio Usimbardi, che probabilmente ebbe un ruolo non secondario nella edificazione del proprio palazzo di famiglia.
PERIODO LORENESE. Il Palazzo San Lorenzo, sorto nel 1600 per volontà degli Usimbardi come Ospedale, fu ampliato e rimodernato nel 1789 da Pietro Leopoldo di Lorena. La scritta marmorea sopra il portale di ingresso avverte che questo granduca, con liberalità e amore lo costruì per la salute dei poveri. Sorto per Carità Privata degli Usimbardi, con Pietro Leopoldo questo Ospedale e’ divenuto uno dei primi esempi di Sanità pubblica, ha curato i malati per oltre trecento anni e io stessa, da giovane medico, ci ho lavorato.
Laura Comi, Consigliere della Sezione senese di Italia Nostra e referente del progetto regionale, “Le Vie dei Medici”.
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